Una relazione sana e proficua con i nostri amici a quattro zampe fonda le sue basi sul rispetto reciproco e sulla comprensione bilaterale. Non dobbiamo dimenticare che, nonostante si inneschi spesso una connessione fortissima, i nostri rispettivi linguaggi sono molto diversi: cosa c’è da sapere, quindi, sull’apprendimento dei cani?

Ogni volta che capiamo o impariamo qualcosa mettiamo in moto tutta una serie di dinamiche che ci aiutano in questo processo che, spesso, passa per l’esperienza: quando è negativa, l’autodifesa ci insegna a non ripeterla e, anzi, ad evitarla; quando è positiva, invece, le andiamo incontro o addirittura la inseguiamo.

Ma questi siamo noi esseri umani; come funziona, invece, per un cane?

Un meccanismo universale

Cani e apprendimento

Il meccanismo con cui il nostro amico apprende è esattamente lo stesso che sperimentiamo noi e che, in realtà, è alla base dell’esistenza di qualunque specie su questo pianeta, poiché è figlio del principio dell’autoconservazione. Va chiarito, però, che ogni contesto è a sé e che ogni specie animale (inclusa la nostra) vive delle sfumature diverse.

Partiamo dall’inizio: cosa intendiamo, esattamente, per apprendimento? È quel processo che mettiamo in atto ogni volta che modifichiamo il nostro comportamento per adattarci al contesto: nessuno di noi toccherebbe mai a mani nude una pentola piena d’acqua bollente che sosta sul fornello, ad esempio. Allo stesso modo, i nostri cani possono apprendere che è sbagliato sporcare in casa o che non bisogna agitarsi troppo al momento di indossare guinzaglio e pettorina. Come?

Questione di stimoli.

Stimolare (in positivo) l’apprendimento

Partiamo dal presupposto che tutti i cani sono diversi, esattamente come succede tra noi esseri umani, e che ognuno di loro porta dentro un bagaglio personale fatto di istinti primordiali, DNA ed esperienze di vita vissuta. Anche per i nostri amici ha fondamentale importanza ciò che avviene durante i primi mesi e anni di vita ma, in caso di “danni già fatti”, fortunatamente spesso si può comunque intervenire a patto di farlo nella maniera corretta.

In effetti, ci sono stimoli che vengono percepiti come innati (come quello predatorio) ed altri che, invece, vengono “costruiti” sulla gratificazione e sulla sensazione che si prova subito dopo aver compiuto determinate azioni; in questo secondo caso, alla base c’è il tipico rilascio di ormoni dall'”effetto benessere” immediato.

L’apprendimento può essere non associativo, nel momento in cui è conseguenza di qualcosa di percepito come “non utile”, quando si presenta sotto forma di:

assuefazione – abituarsi ad uno stimolo occasionale/regolare anche forte che, però, smette proprio per questo di reiterare la preoccupazione;

sensibilizzazione – si diventa così sensibili a determinati stimoli che la paura fa scattare l’autodifesa anticipata e, magari, anche immotivata o esagerata rispetto al contesto.

Cambia tutto quando, invece, l’apprendimento è associativo e, quindi, connesso a qualcosa che viene percepito come utile. In questo caso, si parla di condizionamento:

classico – c’è, ad esempio, una risposta ad uno stimolo ricorrente che non è direttamente quello “utile” ma lo precede (aprire un determinato cassetto dove il cane sa che riponiamo il suo cibo);

operante – c’è una risposta ad uno stimolo che dà gratificazione o, al contrario, porta ad una esperienza negativa.

Questo secondo contesto è quello più interessante perché ciò che i cani imparano attraverso l’esperienza diretta sembra attecchire con molta più forza nel loro comportamento abituale futuro. Ecco perché si parla di rinforzo positivo e negativo, andando a premiare il nostro amico quando “fa il bravo” e a togliergli il premio quando “fa il cattivo”, per dirlo in parole semplici. È stato ampiamente dimostrato che causare dolore fisico o stress ai nostri animali, per quanto incida sul loro comportamento, non rappresenta la condizione ottimale di apprendimento, perché la risposta che si ottiene è momentanea, generata dalla paura e non è detto che si ripeta o si contestualizzi correttamente nel lungo periodo.

cane e apprendimentoC’è anche tutto uno studio sull’apprendimento sociale che, però, racchiude ancora più incognite che verità accertate: riguarda ciò che accade quando i cani sono in gruppo o, comunque, vivono a contatto con altri simili e, quindi, con la possibilità di “imitazione” o “contagio” reciproco nel mettere in atto determinate azioni. A quel punto, è facile si inneschino anche dinamiche di branco, quando il numero di quattro zampe diventa cospicuo.

In sintesi

Abbiamo detto tante cose (e tante altre ce ne sarebbero da dire!), quindi vale la pena sintetizzare i punti fondamentali da tenere a mente:

  • ripetitività dell’azione – il cane è un animale abitudinario e il suo apprendimento passa per l’esperienza diretta;
  • rinforzo positivo – meglio premiare il cane e punirlo con “l’assenza del premio” piuttosto che mettere in atto comportamenti traumatizzanti e stressanti; e, soprattutto, meglio farlo subito per innescare il principio di causa-effetto (i cani non associano azioni passate a conseguenze non imminenti);
  • essere leader, non dispotici – per essere presi in considerazione, creando e mantenendo nel tempo un rapporto di fiducia reciproca, è importantissimo essere “dalla parte del cane” e non comportarci come fossimo loro nemici o “capi”, anche quando fanno qualcosa di sbagliato.